Sapete chi non mi sarei mai aspettato di veder fare tendenza tra gli show Netflix in Italia? “The Big Show show”, o “Lo show di Big Show” se preferite il titolo in italiano.
Questa piccola sit-som (solo 8 episodi) ritrae il wrestler della WWE Big Show in una versione fittizia della sua vita mentre è alle prese con moglie e tre figlie. La più grande, Lola, nata dal primo matrimonio di Show, si è appena trasferita in Florida dal Minnesota per passare più tempo con suo padre ora che si è ritirato dal ring. Andrà quindi a vivere con lui, la sua nuova moglie Cassy e con le sorellastre Mandy (giovane attivista politica nella sua scuola media) e JJ (8 anni, intelligenza fuori dal comune e malvagità che non ti aspetti).
Il successo della serie non sta certamente nella formula, che è quella della tipica sit-com americana girata con 3 telecamere, un format uguale a sé stesso dagli anni ‘80. Per capirci stiamo parlando di roba alla Robinson, Genitori in blue jeans, la Tata e Otto sotto un tetto.
A proposito di Otto sotto un tetto, sapete chi compare come spalla a partire dal secondo episodio del Big Show show? Steve Urkel! Ebbene sì, è ancora vivo e lotta insieme a noi, cosa che già di per sé basta come motivazione per guardare questo programma.
Come mai non mi aspettavo il suo successo?
Non è una questione di qualità del prodotto (che comunque è più che passabile, seppur non trascendentale) ma più che altro dipende dal fatto che fa appello ad un mondo, quello del wrestling, poco conosciuto e sempre bistrattato in Italia.
Come ho avuto modo di raccontare nel mio podcast (non a caso in inglese) il wrestling in Italia ha avuto essenzialmente tre ondate mainstream:
– Nei primissimi anni ‘90 con Hulk Hogan e soprattutto Ultimate Warrior;
– Sul finire degli anni ‘90 con la WCW e Goldberg la domenica mattina;
– Tra il 2005 ed il 2007 grazie a SmackDown su Italia 1, periodo per altro conclusosi bruscamente dopo la tragedia di Chris Benoit.
Dal 2007 al 2020 passano 13 anni di niente (almeno a livello nazional popolare), visioni carbonare fatte in maniera più o meno legale online e assoluto stigma a parlarne in pubblico.
Eppure una sit-com sicuramente poco pretenziosa con uno dei protagonisti di quell’ultima ondata mainstream di wrestling fa il boom di ascolti in Italia 13 dopo.
Che significa questo?
Sostanzialmente è la “sindrome di Albano” cioè che nessuno l’ha mai ascoltato ma i suoi dischi sono stati primi in classifica per 40 anni. Allo stesso modo nessuno dichiara di seguire il wrestling ma una sit-com mediocre con un personaggio in teoria poco noto finisce nella top 10 di Netflix. Se questo non dimostra che c’è un mercato anche in Italia per questa disciplina non so cosa possa farlo.
Giudizio finale
The Big Show show, voto 6,5
PS
Ovviamente essendo uno show incentrato su un wrestler ci sono diversi cameo di suoi colleghi famosi. Il migliore (a mani basse) è quello di Mark Henry, che ha avuto modo di mostrare un suo lato comico che quasi mai era apparso in oltre 20 anni di TV in WWE.