Ci hanno sempre detto cosa fare, chi essere, come comportarci, le tappe con cui procedere, il posto fisso, la sicurezza, la reputazione. Risultato? La generazione più depressa e soggiogata di sempre.
Per questo Zerocalcare è così conosciuto e apprezzato da un decennio a questa parte. Non offre risposte, né domande, ma è l’unico ad avere le palle di far venire a galla, con intelligenza e ironia, il dramma che tutti noi nati negli anni ’80 viviamo quotidianamente e che frotte di boomer del cazzo, con le risposte pronte in tasca, non capiranno mai.
Strappare lungo i bordi rischiava di essere l’ennesimo adattamento truce di un fumetto, o meglio dell’immaginario di un fumettista, che diventa cartone animato (qualcuno ricorda il tentativo raccapricciante del 2007 con la serie TV di Rat-Man prodotta per Rai 2?).
I pre-requisiti per la cagata pazzesca ci sono tutti, specialmente se la produzione si fa in Italia, e invece no. Invece c’è un ragazzo che rimanendo fedele a sé stesso riesce a scrivere, disegnare e dirigere uno dei più grandi spaccati sulla vita di noi (oramai nemmeno più tanto) giovani, un qualcosa a metà strada tra il romanzo picaresco ed il mockumentary (paroloni per far vedere a mamma che ho studiato) che comincia leggero, per poi rivoltarsi contro di te e prenderti a sberle l’anima sul finale.
Come detto, da circa un decennio Zerocalcare non dà risposte, né fa domande, ma osa imporre il suo stile non ortodosso, la parlata romanesca e le sue profondissime analisi sociali mascherate dietro ad una facciata comica. È il cantore che in Italia non si vede più da decenni e non solo nel mondo dei fumetti.
In una società di pecoroni lobotomizzati dai social che si credono ribelli ma vivono inquadrati che nemmeno in Squid Games, Zero è l’artista meno allineato e meno consapevole della sua genialità, unico vero faro di speranza rimasto in questo paese del cazzo*.
Strappare lungo i bordi: voto 8
Francesco Mandolini
*frase che, probabilmente, gli farebbe venire un coccolone, motivo per cui adorarlo ancora di più.
