Il caso Spotlight: voto 8,5
Faccio veramente fatica a scrivere questa recensione, non perché non abbia apprezzato il film – è semplicemente meraviglioso – ma perché vorrei non risultasse intervallata da momenti di eccessiva glorificazione.
Per entrare bene nello spirito del film serve un passo indietro: per chi della scorsa notte degli Oscar ricordasse solo Di Caprio è bene specificare che Spotlight (d’ora in avanti solo titoli originali, lo giuro) era candidato a sei statuette (miglior film, regista, attore e attrice non protagonista, sceneggiatura originale e montaggio), vincendone due tra cui la più ambita, quella di miglior film.
La trama del film racconta la vera storia di un’inchiesta giornalistica del Boston Globe, condotta nel 2002 dal team Spotlight, la quale mirava a trovare prove concrete degli abusi sessuali perpetrati da decine di preti dell’area di Boston nei 30 anni precedenti. L’inchiesta non mise in scacco solo i preti pedofili, ma tutto il sistema che copriva queste malefatte, sia a livello di arcidiocesi e Chiesa Cattolica che a livello sociale locale, coinvolgendo avvocati famosi, direttori di scuola, politici e associazioni cattoliche.
Apparentemente, tutti sapevano ma nessuno fece niente. Questo mi ricorda tanto un paese…com’è che si chiama? Ah sì, Italia.
Francamente una delle prime reazioni è stata proprio questa: in Italia un film del genere non lo avrebbero mai fatto, nemmeno in una versione laida con Don Babbeo protagonista. Negli USA, paese delle grandi contraddizioni, sì, seppur senza l’appoggio di grandi case di produzione come Fox o Warner Bros. Ebbravi ammerrigani.
A livello tecnico mi piace definire il film “minimale”, con inquadrature, luci e recitazione tutte atte a restituire un senso di realtà, molto lontano dal cinema di oggi, sempre veloce e dai mille colpi di scena. Al regista Tom McCarthy i colpi di scena non ci piacciono. E meno male.
Qui si va al sodo gente. C’è tanta merda da portare a galla e per 129 minuti si vede un’intera redazione (non solo i quattro membri del team Spotlight) farsi il culo per riuscirci. Il tutto in mezzo a pressioni infinite in una città, Boston, dove il cattolicesimo l’ha sempre fatta da padrone influenzando politica, finanza ed editoria.
Suona famigliare vero?
Spotlight non è un film innovativo o visionario in termini di tecnica cinematografica, ma va a colpire uno dei nervi più scoperti della Chiesa Cattolica, per altro riferendosi ad uno dei periodi storici più amati dai fedeli (il papato di Giovanni Paolo II…ouch) e comprendo perfettamente la scelta dell’Academy nel riconoscergli l’Oscar più ambito. Una legittimazione del genere , seppur patinata come lo sono questi premi, rafforza l’impronta storica e storiografica che questo film porta con sé, ricordando a tutti, anche a chi scrive, l’importanza del giornalismo nella società.
CONSIGLIO FINALE: Se non andate a vedere Spotlight tutti in gita a Roma dal Cardinale Law
PS
Michael Keaton primo attore nella storia a recitare in film capaci di vincere back to back il premio di Best Picture. #IostoconBatman
PPS
Nemmeno per un secondo ho visto Mark Ruffalo come Bruce Banner/Hulk, quindi direi che la sua prova d’attore è stata ottima.