Nada live @ Teatro Valle, Chiaravalle (AN): voto 7,5
Ecco una cosa che non mi sarei mai e poi mai immaginato di scrivere: la recensione di un concerto di Nada.
Sì per carità, forse ho ballato e suonato “Amore disperato” più di quanto avrei dovuto e senza dubbio so canticchiare il ritornello di “Ma che freddo fa?”, però, oggettivamente, devo ammettere che qui finiva (almeno fino a ieri sera) la mia conoscenza di Nada, una delle interpreti e cantautrici più longeve della scena musicale italiana.
Oggi, a seguito di un suo live a teatro in versione minimal accompagnata solo dalla chitarra classica di un ottimo Andrea Mucciarelli, consiglio a tutti di andarla ad ascoltare.
Come mai? Beh, comincio col dire che dal punto di vista musicale il concerto arriva asciutto e potente, incredibilmente bilanciato nella sua forza e fragilità: Nada oscilla in maniera sgraziata come un pendolo attorno al microfono, ma quando apre la bocca ti obbliga a starla a sentire. La scaletta è fatta di pochi brani (non più di 12) in cui gli assi vengono calati subito lasciando spazio a reading, brani della tradizione maremmana e parecchio impegno sociale (brividi su “Ballata Triste”. Andatevela a sentire subito).
Vedendo Nada Malanima (che se avesse cercato un nome d’arte migliore di questo non ci sarebbe riuscita) sul palco il paragone che viene subito alla mente è la sacerdotessa del rock: Patti Smith. Da lei mutua il look, la voce roca e profonda, le movenze solenni ed ancestrali; tutto completamente sbagliato, tutto meravigliosamente giusto.
Il messaggio che passa è proprio un “me ne fotto” gridato al mondo dell’industria discografica: tutta uguale, tutta splendente, tutta omologata, tutta perfetta. A questo modo moderno di fare musica Nada contrappone l’antica lezione (oramai dimenticata nel mondo mainstream) del rock ‘n roll: la libertà.
Alle artistoidi da talent, tutta fuffa ed apparenza, Nada contrappone profondità e presenza scenica immense, qualità assai rare da trovare nella musica italiana, specialmente tra coloro i quali possono dire di aver assaggiato e vissuto un sistema che non premia quasi mai il talento.
Piero Ciampi disse di lei che il successo non le aveva cambiato il cuore perché Nada il cuore lo aveva lasciato al porto di Livorno, ed aveva ragione. Nada avrebbe potuto occupare una posizione prominente nella storia della musica leggera italiana e probabilmente non ha voluto farlo.
La dignità non si compra e chissenefrega se la metrica dei testi (ironici, intelligenti e profondi) sembra impossibile, se la tecnica vocale non è corretta, se l’outfit scelto è più adatto per andare a fare la spesa che ad un’esibizione dal vivo quando si ha la libertà di dire “ho qualcosa da raccontare e lo faccio come cazzo pare a me”?
Francesco Mandolini
Un pensiero su “Nada dal vivo: la recensione che non ti aspetti”